Il momento più temuto quando fai parte dell’organizzazione di un evento, é il post-evento.
Per mesi, mente e corpo sono presi da un turbinio di pensieri, liste di cose da fare, problemi da risolvere, persone da contattare, conti da far tornare mentre tutto si snoda sotto i tuoi occhi, è lì  che accade senza neanche lasciarti il tempo di capire. Poi, inaspettatamente, cala il silenzio. Tutto volge a termine.

Così pensando, passeggiavo per le strade notturne di Noicàttaro riflettendo sul nostri ultimi mesi con il Libroscopio. Meditavo sul paese e il suo paesaggio, quando una strana inquietudine si è intrufolata tra le idee; domande più che altro: a cosa sarà servito tutto questo? Qual è il suo impatto effettivo sul territorio? Qualcuno si ricorderà degli autori venuti? Delle loro parole? Saranno stati efficaci o quanto meno abbastanza chiari? É stato un contributo significativo? Potremmo dire di “aver fatto qualcosa”? Di essere stati utili? O é stato tutto lavoro sprecato? Pura velleità? 

Non sono (siamo) nuovi a questo tipo di riflessioni. Le facciamo continuamente, ogni volta che al Presidio del Libro si conclude un evento: qual è la nostra funzione? – ci domandiamo quasi ossessivamente. Certo – lo ripetiamo a noi stessi – “il nostro lavoro non è misurabile, é a lungo termine” ma proprio questa “astrattezza” risulta alle volte frustrante (specie durante una passeggiata in una serata uggiosa di Aprile!).

Chiamatelo pure caso, serendipity, invocate se preferite qualche divinità, guru o asceta tibetano; io preferisco pensare che la risposta venisse direttamente dal nostro paese.

Il mio cammino é interrotto da una chiazza gialla che – tra i cartelloni pubblicitari – emerge e cattura il mio interesse. Mi è familiare. Difatti la riconosco: é il giallo che abbiamo scelto per l’appena conclusa settima edizione de ilLibroscopio; ed é ancora lì, sepolto dai nuovi manifesti pubblicitari che resiste al tempo e alla dimenticanza. Tra una pubblicità e l’altra, la scritta Paesaggi afferma il suo posto ed é stato per me, questo, un segno rivelatore. Certo, tutto va guardato in prospettiva, ma credetemi quando vi dico che per un cartellone pubblicitario nato e affisso con una data di scadenza, due settimane sono un tempo lunghissimo! Perché non importa se il tempo scorre, tutto cambia, siam presi dalle urgenze quotidiane o non abbiamo tempo per… il territorio osserva, assorbe, iscrive gli eventi nel suo DNA e non dimentica. Prima o poi risputa dalle sue viscere il segno del tuo passaggio. 

Non so chi abbia strappato quella pubblicità, neppure perché lo abbia fatto ma vorrei ringraziarlo. É stata per me una lezione morale. Adesso so che ne é valsa la pena.

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